Adolf Hitler e il Trentino

Adolf Hitler e il Trentino

Adolf Hitler e il TrentinoAdolf Hitler ebbe rapporti diretti con il Trentino? Ebbene sì. Oltre ad esservi transitato nel corso dei suoi viaggi, scopriamo insieme 5 storie che legano Adolf Hitler e il Trentino.

Le Opzioni

L’avvento al potere di Adolf Hitler in Germania nel 1933 sollevò entusiasmo e grandi speranze anche in Sudtirolo e in Trentino, fra tutti coloro che erano contrari al regime fascista e guardavano con nostalgia alla millenaria permanenza nell’orbita asburgica. Già  nel 1933 infatti venne fondato il VKS (Völkischer Kampfring Sudtirols), un movimento di ispirazione nazionalsocialista. Tuttavia allora Hitler non era interessato a rivendicare il Sudtirolo, quanto a coltivare l’amicizia e l’alleanza con Mussolini. Nel suo libro Mein Kampf (1925) infatti Hitler aveva scritto che il Sudtirolo non valeva l’alleanza con l’Italia, in quanto quest’ultima era (assieme all’Inghilterra) il partner naturale della Germania.

Per approfondire: Il Mein Kampf di Adolf Hitler. Le radici della barbarie nazista. (edizione integrale con traduzione italiana e commento di Giorgio Galli) e Il Mein Kampf di Hitler: Analisi (di Vincenzo Pinto).

Verso  la fine degli anni Trenta però le manifestazioni anti-italiane ad Innsbruck, gli orientamenti dichiaratamente filonazisti della popolazione di lingua tedesca in Sudtirolo e la necessità di giustificare di fronte all’opinione pubblica italiana il disinteresse del Governo verso l’Austria, indussero a premere affinché Berlino acconsentisse a rendere pubblica la lettera personale di Hitler a Mussolini (11 marzo del 1938) nella quale il Führer s’impegnava a non mettere in discussione né ora, né poi la frontiera del Brennero. Non a caso, tuttavia, la lettera venne resa pubblica in Italia, ma non in Germania.

Non certo delle reali intenzioni di Hitler, Mussolini sollecitò anche la redazione e la firma di un patto d’intesa che toccasse direttamente la questione delle minoranze e che mettesse in luce i nuovi problemi sorti dopo l’Anschluss. Anche se il progetto italiano fu inizialmente deluso, ottenne qualche rassicurazione il 7 luglio del 1938, quando, durante una visita a Roma, Hitler dichiarò che era sua intenzione e testamento politico riconoscere intangibile la frontiera delle Alpi eretta “naturalmente” fra le due potenze confinanti. Tutte queste rassicurazioni non furono però sufficienti a convincere il leader del fascismo. Fu sicuramente per questo motivo che in Alto Adige nel 1938 furono realizzati otto sbarramenti difensivi e ne furono progettati altri quattordici (il vallo Littorio o vallo del “non mi fido”). L’intesa tuttavia si concretizzò con la firma del Patto d’Acciaio del 22 maggio del 1939.

Circa un mese dopo, il 23 giugno del 1939, venne firmato a Berlino l’accordo riguardante il trasferimento dei sudtirolesi nel Reich. Questo consisteva nella “libera” possibilità di scegliere (optare) entro il 31 dicembre 1939 se rimanere nell’Italia fascista, con l’obbligo di essere fedeli al duce, o espatriare nella Germania nazista. Il 29 giugno la notizia divenne pubblica e un’ondata di costernazione invase la regione. Gli uomini raggruppati intorno all’ “Unione tedesca” e il gruppo di lotta popolare sudtirolese (VKS) erano d’accordo nel rifiutare l’opzione, ma il 22 luglio il VKS cambiò idea e si dichiarò disponibile a fare una scelta alternativa. Il 21 ottobre del 1939 quindi venivano firmati i Patti di Roma in base ai quali i cittadini italiani di cultura tedesca potevano optare per la cittadinanza germanica e trasferirsi oltralpe venendo indennizzati, oppure rimanere in Italia senza alcuna pretesa irredentistica.

La popolazione sudtirolese si divise in due grandi correnti: i “Dableiber” e gli “Optanti”. “Dableiber” erano coloro che volevano rimanere, mentre quelli che volevano essere trasferiti nel Terzo Reich erano gli “Optanti”. La propaganda pro e contro le opzioni fu intensa. I favorevoli all’espatrio intimidivano quelli che volevano restare nella loro terra, spargendo la voce di un possibile insediamento nelle colonie italiane in Africa o in Sicilia qualora avessero optato per rimanere in Italia. Un piccolo gruppo di persone dell’ “Unione tedesca”, di cui faceva parte il canonico Michael Gamper, lottò contro l’opzione. Il 31 dicembre del 1939, scaduto il termine per le opzioni, 166.488 sudtirolesi avevano optato per la Germania, mentre 63.017 persone avevano deciso di restare.

Scorrono lacrime a torrenti, le notti vengono passate insonni, abbattuti giriamo intorno, incerti dell’esecuzione di queste disposizioni…”. Migliaia di lettere scritte in quel periodo, intercettate dalla polizia italiana, tradotte e conservate nell’archivio del Ministero dell’Interno, sono state pubblicate per la prima volta grazie al paziente lavoro della Fabbrica del Tempo, un’associazione che si occupa di storia sudtirolese (Le lettere aperte 1939-43: l’Alto Adige delle Opzioni). Un’opera ciclopica, visto che, secondo il prefetto di Bolzano, venivano esaminate quasi trentamila missive al giorno.

Per approfondire: Storia del Sudtirolo. Eventi cruciali del XX secolo e Dimenticare mai: Le Opzioni, il campo di concentramento di Dachau, la prigionia di guerra, il ritorno a casa oltre al ciclo di film “Verkaufte Heimat” tratto dal libro Verkaufte Heimat: Eine Südtiroler Familiensaga von 1938 bis 1945.

L’Alpenvorland e il CST

A metà luglio 1943  Mussolini incontra il Führer a Villa Gaggia, vicino a Belluno, in quello che è passato alla storia come l’”incontro di Feltre” solamente per il fatto che i due scesero alla stazione ferroviaria di quella città. Hitler non prende neppure in considerazione la ventilata proposta di Mussolini di sganciarsi dalla partecipazione alla guerra. Dieci giorni dopo, il 25 luglio 1943, Benito Mussolini viene messo in minoranza dal Gran Consiglio che approva l’ordine del giorno di Dino Grandi con 19 voti a favore, 7 contrari e un astenuto. Relegato il Duce a Campo Imperatore, sul Gran Sasso d’Italia, Vittorio Emanuele III lo sostituisce con il maresciallo Pietro Badoglio e poi fugge con questi a Brindisi, lasciando l’Italia allo sbando. Il nuovo Capo del Governo chiede e ottiene dagli anglo-americani l’armistizio reso noto l’8 settembre 1943. Fra il 25 luglio e i primi di settembre i tedeschi scendono in Italia con quattro divisioni che si aggiungono a quelle presenti. Liberano Mussolini, che fonda una repubblica secessionista a Salò sul Garda, circondato da manipoli di fedelissimi, Brigate Nere, Decima Mas, ma costantemente controllato dai tedeschi.

Hitler già il 10 settembre, prima di liberare il Duce, aveva diviso l’Italia invasa in “territori” occupati e in due “zone d’operazione”. Queste ultime furono annesse direttamente al Terzo Reich con già pronti i due Commissari Supremi: per la “Zona d’Operazione delle Prealpi” (Operazionszone Alpervorland) e cioè Bolzano, Trento e Belluno, venne nominato Franz Hofer, Gauleiter (governatore) del Tirolo; per la “Zona d’Operazione del Litorale” (Operazionszone adriatisches Kunsterland), che comprendeva Udine, Gorizia, Triste, Pola, Fiume e Lubiana, fu nominato Friedrich Reiner, Gauleiter della Carinzia. I due avevano pieni poteri, compreso quello di vita e di morte: rispondevano solo e direttamente a Hitler. In pochi giorni furono occupati tutti i centri abitati e venne adottato il codice germanico con l’istituzione di un Tribunale Speciale (Sondergericht) per ognuna delle due zone; per l’Alpenvorland la sede era a Bolzano.

Nel 1944 le autorità di occupazione nell’ambito dell’Alpenvorland fondarono una milizia locale, il l Corpo di sicurezza trentino, abbreviato in CST, o in tedesco Trientiner Sicherungsverband (TSV). Formalmente il corpo, formato da un gruppo di volontari e da circa 3200 giovani richiamati con cartolina di precetto, aveva solo compiti locali di tutela dell’ordine pubblico, ma in realtà venne impiegato anche fuori provincia in operazioni antipartigiane e di rappresaglia.

Per approfondire: Le Dolomiti del Terzo Reich e C.S.T.: Corpo di sicurezza trentino = Trientiner Sicherungsverband e La polizia trentina ai confini del Reich. Una testimonianza 1943-1945

L’uomo che disse NO a Hitler

Josef Mayr-NusserJosef Mayr-Nusser, oggi beato, era nato nel 1910 a Bolzano in una famiglia di contadini profondamente credenti. Fu dirigente dell’Azione Cattolica della parte tedesca della diocesi di Trento nel 1934. In occasione delle Opzioni si schierò con i ‘Dableiber‘, ovvero coloro che, contrari all’emigrazione verso il Terzo Reich, volevano rimanere nelle loro case e aderì segretamente al movimento antinazista “Andreas Hofer Bund“.
Dopo l’annessione del Sudtirolo al Reich, il padre di famiglia fu arruolato forzatamente nella Wehrmacht. Al momento di prestare il giuramento, nonostante i consigli contrari di camerati e superiori, si rifiutò di pronunciarlo per motivi di coscienza. Fu quindi processato e condannato a morte.
Imprigionato, venne avviato su un treno merci verso il campo di sterminio di Dachau, ma morì il 24 febbraio 1945 a Erlangen, durante il viaggio, per i maltrattamenti subiti, la fame e la sete.

Per approfondire: Fedeltà e coraggio. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser

L’uomo che sparò all’attentatore di Hitler

Vicino a Tenno, in un piccolo cimitero, è sepolto Bolko von der Heyde, alto ufficiale della Wehrmacht che il 20 luglio 1944 partecipò all’arresto dei congiurati della celebre Operazione Valchiria, sparando e ferendo l’organizzatore, il colonnello von Stauffenberg. Discendente di una grande famiglia dell’aristocrazia militare prussiana, Croce d’oro nel 1942 durante le operazioni di guerra sul fronte orientale, istruttore a Montecassino, una volta finita la guerra entrò nei servizi segreti della Germania dell’Ovest con il compito di partecipare alla ricostituzione del nuovo apparato militare tedesco. Anche se il suo nome viene citato in moltissimi testi che trattano la celebre congiura contro Hitler, in qualche caso il suo nome si trasforma in Bodo von der Heyde (si veda “The Rise and the Fall of the Third Reich” di William Shirer).

Scomparso nel 1987, è seppellito nel piccolo paesino di Pranzo sopra Tenno, nell’Alto Garda. Nel paesino di Pranzo risiede ancora suo figlio, Michael von der Heyde, che ha scelto di fermarsi in Trentino più di 35 anni fa. Dopo aver prestato anche lui servizio nelle fila dell’esercito della Repubblica Federale Tedesca lasciò la carriera militare per diventare camionista seguendo prima le tratte che dall’Europa portavano all’Iran, poi quelle che dalla Germania conducevano in Italia. Verso la fine degli anni ’70, l’incontro con la realtà trentina e con la moglie, originaria di Pranzo. Proprio durante una visita al figlio, Bolko ha espresso il desiderio di essere sepolto qui: “Quando muoio seppellitemi qui. Il sole è stupendo, l’aria è buona, la vita è tranquilla e poco frenetica. Questo è il posto dove mi piacerebbe fermarmi“.

Per approfondire: Operazione valchiriaVolevamo uccidere Hitler. L’ultimo testimone dell’operazione Valchiria racconta il complotto del 20 luglio 1944

Il parroco che sapeva troppo

Don Cornelio Sicher, originario di Coredo, nacque il 19 novembre 1900 e fu parroco di Monclassico dal 1942 al 1970, per poi chiudere la propria missione a Scanna, in Val di Non. Morì il 23 marzo 1995. Durante la prima guerra mondiale, quando era ancora un ragazzo, Sicher aveva stretto amicizia con l’ammiraglio tedesco Wilhelm Canaris. Canaris, militare di professione, con l’avvento del nazismo era stato nominato capo dell’Abwehr, il servizio segreto militare. In seguito aveva partecipato al fallito attentato contro Hitler e per questo era stato giustiziato nel 1944. Nel 1943, durante un incontro con don Sicher, gli aveva confidato di essersi preparato una via di fuga verso la Patagonia. In molti pensano che questa via di fuga sia stata utilizzata da Hitler stesso per rifugiarsi in Sudamerica.

Per approfondire: Hitler vivo o mortoSulle tracce di Hitler

Pubblicato da Daiana Boller

Daiana Boller (Trento, 1981) si è laureata in storia locale con una tesi sul principe vescovo di Trento Alessandro di Masovia (1423-1444) ed è autrice del libro "Welschtirol".

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