Il 24 maggio 1915 a Borghetto di Avio

Il 24 maggio 1915 a Borghetto di Avio

Il 23 maggio 2015, a Borghetto di Avio (TN), si è tenuta una cerimonia di ricordo organizzata dalla Compagnia di Bersaglieri Tirolesi – SK Destra Ades, in collaborazione con altre realtà del territorio.

La cerimonia voleva onorare in particolare la memoria di chi si offrì come volontario per difendere il confine della propria patria, della propria Heimat, senza dimenticare naturalmente tutti coloro che vissero, come soldati, come civili, come profughi, quel dramma collettivo che fu la Prima guerra mondiale.

L’iniziativa è stata organizzata dagli Schützen, una realtà che si occupa, come altre, di volontariato, beneficenza, solidarietà, ma che a differenza di altre ha prima di tutto un forte legame con la storia e la memoria del territorio, rivolgendo la sua attività non solo ai bisogni materiali, ma anche a quelli spirituali di chi in questo luogo vuole non solo abitare, ma vivere nel senso pieno del termine.

Guarda il video:

Ecco l’intervento della madrina della compagnia, Daiana Boller:

Schuetzen e Standschuetzen 23 maggio 1915-2015 ricordo a Borghetto di Avio
Foto Enzo Cestari

Com’è noto, il territorio che forma oggi la Provincia Autonoma di Trento non è stato sempre unito in un’unica realtà. Per secoli infatti, fino alla fine del ‘700, esso è stato diviso tra Principato Vescovile di Trento e Contea del Tirolo, due entità legate tra loro da rapporti politici ed economici ed entrambe facenti parte del Sacro Romano Impero. Dopo la parentesi napoleonica e il Congresso di Vienna, i principati vescovili di Trento e Bressanone vennero uniti alla Contea del Tirolo a formare un unico territorio, a sua volta parte dell’ampio e multietnico impero asburgico.

Non fu quindi una sorpresa la dichiarazione di guerra del 23 maggio 1915, con cui il Regno d’Italia, a guerra iniziata già da un anno, scese in campo a fianco di Gran Bretagna, Repubblica Francese e impero russo.

Esso aveva semplicemente scelto il miglior offerente, non ritenendo sufficiente ottenere in cambio della sua neutralità, come dopo lunga riflessione, spinto anche dall’alleato germanico, il governo asburgico si era deciso a cedere, Trento e Trieste alla fine del conflitto. Era evidente infatti che l’impero non avrebbe ceduto prima il porto in cui era concentrata quasi tutta la sua flotta né un confine fortificato nel corso di decenni, per non parlare delle migliaia di soldati forniti da questi due territori, che avrebbero dovuto essere congedati.

Il Regno d’Italia, pur consapevole quindi di poter ricevere le cosiddette “terre irredente” alla fine del conflitto anche rimanendo neutrale, scelse invece di impegnarvisi sacrificando mezzi e uomini innocenti, con il fine però di ottenere ben di più di ciò che la propaganda prospettava come obiettivi ai poveri soldati italiani.

Fu proprio al vicesindaco di Avio che il generale Cantore, lamentando l’accoglienza poco calorosa ricevuta, disse, sollecitando un maggiore entusiasmo: “E’ ciò che voglio sperare, perchè i miei soldati sono convinti di fare una guerra di liberazione, non di occupazione, e se sapessero che voi non siete contenti di venir liberati dall’Austria, per essi sarebbe una demoralizzazione”.

Un inganno purtroppo, quello di mascherare una guerra con scopi imperialisti da guerra dai nobili scopi ideali e umanitari, che dura ancora adesso.

Ma andiamo con ordine.

Nonostante l’esistenza di un’alleanza, la Triplice alleanza, tra Reich tedesco, Impero asburgico e Regno d’Italia, fin dal 1882 e periodicamente rinnovata, la neutralità italiana del 1914 era giustificata dal fatto che la Serbia aveva provocato l’Austria, ma non l’aveva attaccata.

A quel punto nel Regno italico si formarono tre correnti: i neutralisti (primi tra tutti i socialisti), gli interventisti a favore dei vecchi alleati (pochi, soprattutto gli ambienti clericali) ed infine gli interventisti a favore di Gran Bretagna, Francia e Russia.

Iniziarono quindi una serie di trattative da parte di Germania, Austria e impero ottomano per ottenere la neutralità italiana. Le trattative vennero condotte tra la fine del 1914 ed i primi mesi del 1915, quando ormai era chiaro che la conquista di Parigi era ben lontana e il fronte russo poteva essere tenuto a bada a stento a causa dell’insufficienza di truppe. La Germania voleva quindi evitare a tutti i costi l’apertura di un quarto fronte. Inoltre la neutralità italiana avrebbe evitato il blocco navale nel Mediterraneo, che avrebbe bloccato totalmente gli approvvigionamenti di materie prime e alimenti degli imperi centrali, cosa che effettivamente li portò alla sconfitta.

Dall’altra parte, la casa regnante e il Governo, all’insaputa persino del Parlamento e dei vertici militari, iniziarono delle trattative con l’altro fronte. Ne nacque il Patto di Londra del 26 aprile 1915, che impegnava l’Italia inizialmente solo contro l’Austria. L’accordo venne reso pubblico solo nel 1917 dai bolscevichi, dopo la rivoluzione russa e la loro uscita dal conflitto, in una sorta di “wikileaks” dell’epoca.

Ciò nonostante, le azioni del governo asburgico dimostrano che il voltafaccia non fu un fulmine a ciel sereno. Anche in questo caso, l’insistenza sui concetti di tradimento e di fellonia serviva soprattutto a caricare il conflitto di carica ideologica ed emozionale e a motivare i soldati. Del resto, quale guerra è più giusta di una guerra di difesa contro un nemico vile e traditore?

E infatti la popolazione risponde come previsto. Si tratta di difendere le proprie case, la propria terra, le proprie famiglie. Si accettano i provvedimenti più duri. Si piange, talvolta ci si lamenta, ma non ci si ribella, nemmeno quando in poche ore viene ordinato di partire, lasciare le proprie case, i propri paesi, che presto potrebbero essere campo di battaglia.

Pochi, chi per convinzione politica, chi per paura, chi per calcolo, fuggono oppure aiutano il nemico. E’ il caso ad esempio dell’alense Maria Abriani, che si offre come guida delle prime truppe italiane arrivate in città.

Facciamo un passo indietro, cercando di capire cosa avvenne in quei giorni convulsi.

Schuetzen e Standschuetzen 23 maggio 1915-2015 ricordo a Borghetto di Avio
Foto Enzo Cestari

Il 19 maggio 1915 il consiglio comunale di Trento viene sciolto e la città trasformata in una piazzaforte militare. Vengono chiusi i quotidiani, ad eccezione del governativo “Risveglio Tridentino”, che il 24 maggio riporta in prima pagina la notizia della dichiarazione di guerra. Il 25 inizia lo sgombero di gran parte degli abitanti.

Il 18 maggio, per ovviare alla scarsità di truppe, tutte impegnate sul fonte orientale, era comandata la mobilitazione degli Standschützen.

Ma chi erano gli Standschützen?

Nel 1871 l’impero aveva riformato il suo esercito, introducendo la leva obbligatoria. L’arruolamento poteva avvenire in cinque corpi diversi: l’esercito comune (reclutato su tutto l’Impero); l’esercito nazionale austriaco; l’esercito nazionale ungherese e le riserve territoriali, austriaca e ungherese.

I Tirolesi (dunque anche i trentini) obbligati alla leva (tutti gli uomini abili dai 19 ai 42 anni) potevano prestare servizio nell’esercito imperiale come Tiroler Kaiserjäger (cacciatori imperiali) oppure in quello nazionale come Tiroler Landeschützen (bersaglieri provinciali), che per il loro valoroso comportamento riceveranno nel 1917, dal giovane imperatore Carlo d’Asburgo, il titolo di Kaiserschützen (bersaglieri imperiali).

Gli uomini di età inferiore ai 19 anni o superiore ai 42, iscritti ai casini di bersaglio erano inquadrati nella riserva territoriale austriaca e arruolati come Standschützen.

Il 18 maggio 1915 venne ordinata la mobilitazione generale di questi uomini, che vennero impiegati per la difesa del nuovo fronte. Si trattava, nel maggio 1915, di 6.331 soldati. Nel 1917 gli Standschützen in servizio sul fronte meridionale erano 15.600, dei quali 12.700 di madrelingua tedesca.

Allo scoppio del conflitto le compagnie di Standschützen mobilitate in Val Lagarina furono 6: Ala-Pilcante, Borghetto, Brentonico, Nomi, Trambileno e Vallarsa; più quelle di Folgaria-San Sebastiano e Nosellari-Carbonare.

Il 19 maggio quindi vennero armate anche queste compagnie, con le armi destinate ai riservisti. Vista la carenza di uomini e di armi, la difesa venne approntata sul confine già fortificato, approfittando della natura del terreno, abbandonando, anche se a malincuore, alcune località.

Schuetzen e Standschuetzen 23 maggio 1915-2015 ricordo a Borghetto di Avio
Foto Enzo Cestari

 Da qui essi tennero impegnati un migliaio di soldati italiani per molte ore, finché questi non piazzarono alcuni pezzi di artiglieria, costringendo gli Standschützen, armati solo di fucili, molti dei quali antiquati, a ritirarsi, lasciando sul campo 30 uomini tra morti e feriti. Alcuni, rimasti indietro volontariamente o meno, furono poi presi prigionieri.

Tra i tiratori scelti della compagnia di Borghetto, va ricordato il tenente Giovanbattista Ribolli, che guidando una pattuglia di 30 uomini, respinse una delle prime pattuglie italiane che varcarono il confine. Alla cerimonia era presente il pronipote Francesco Ribolli, al quale è stato consegnato un segno di riconoscimento.

Pubblicato da Daiana Boller

Daiana Boller (Trento, 1981) si è laureata in storia locale con una tesi sul principe vescovo di Trento Alessandro di Masovia (1423-1444) ed è autrice del libro "Welschtirol".

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