La letteratura sulla prima guerra mondiale è sterminata, e si sta arricchendo di numerosi volumi in occasione del Centenario.
Verrebbe da pensare che tutto sia stato detto, eppure non è così.
Non solo perchè uguali argomenti possono essere affrontati sotto aspetti molto diversi, ma anche perchè nel corso degli anni la sensibilità e gli interessi degli storiografi (e della politica) sono cambiati, portando a letture diverse del conflitto.
Questo è un aspetto ampiamente affrontato nel libro di Mario Isnenghi “Il mito della Grande guerra” (ascolta la presentazione a Gr Parlamento).
Per chi non avesse il tempo o la voglia di leggere l’intero libro, che è in effetti piuttosto lungo, consigliamo almeno la lettura del capitolo di Isnenghi contenuto in “La memoria inquieta” (Materiali di lavoro, Mori, 1989), che ne riassume i concetti fondamentali.
Molte immagini e schede sono prese da “Storia illustrata della prima guerra mondiale“, dello stesso editore, più voluminoso ma sempre abbastanza economico, che potrebbe essere una valida alternativa.
Per gli appassionati di cinema, ma non solo, vale la pena leggere “Le ceneri del passato. Il cinema racconta la grande guerra“ di Giuseppe Ghigi. Anche in questo caso si può capire come in un secolo siano cambiati non solo i gusti cinematografici, ma anche i modi di rileggere il conflitto. Sullo stesso tema il nostro articolo “Filmografia sulla prima guerra mondiale“.
Altro testo che affronta il conflitto da un punto di vista insolito è “L’apocalisse della modernità“, di Emilio Gentile. Dalla sua analisi emerge come la “belle époque”, periodo di pace, di progresso e di speranze, nascondesse nel suo seno le tensioni e le premesse che portarono l’Europa al disastro bellico. Guarda quest’intervista a Gentile.
Moltissime le raccolte di diari e memorialistica, tra le quali merita una citazione la collana “Scritture di guerra“, con diari di soldati e civili proposti in edizione critica.
Per chi preferisce un quadro generale, da segnalare “I dimenticati della Grande Guerra“ di Quinto Antonelli, direttore dell’Archivio della scrittura popolare, che contiene molti passi scritti da soldati provenienti dal territorio trentino.
Un tema meno trattato di altri è quello dei prigionieri di guerra. Un quadro generale, corredato da un’ampia appendice normativa, è tracciato da Alessandro Tortato in “La prigionia di guerra in Italia. 1915-1919“ edito da Mursia. Tortato ha preso in esame soprattutto gli aspetti giuridici del trattamento riservato ai prigionieri: da un’iniziale indulgenza, che suscitò anche polemiche (famoso l’episodio del Forte Col di Tenda dove si permise di festeggiare il genetliaco dell’ imperatore e da cui il tenente di vascello Woschech riuscì a fuggire) ad una successiva maggiore severità. Cita anche il caso di un prigioniero della Vallarsa, Luigi Daldosso, nel quale l’odio per tutto ciò che era italiano arrivò al parossismo e al rifiuto totale per i maccheroni, fino ad arrivare allo sciopero della fame.
Segnaliamo infine, per capire anche quale fu la situazione al termine del conflitto, il libro “La vittoria senza pace – le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra“, di Raoul Pupo. Al termine del conflitto infatti l’Italia prese possesso di vaste aree, alcune adiacenti ai confini – come il Tirolo, parte della Carinzia e il Litorale austriaco – e altre oltremare, come la Dalmazia, l’Albania, la costa dell’Anatolia. La politica estera italiana si impegnò a fondo per conseguire gli obiettivi della partecipazione al conflitto: al di là della liberazione delle terre irredente dal dominio asburgico, si voleva il riconoscimento del ruolo di grande potenza e un’influenza sullo spazio danubiano-balcanico. Intanto, nei territori destinati all’annessione, le amministrazioni offrivano ai nuovi cittadini la prima immagine dell’Italia. Ai governatori militari venne chiesto di adoperarsi per facilitare l’integrazione, ma furono loro a decidere come farlo, in particolare nei confronti di quanti quell’annessione non la desideravano affatto.