Il precedente mese di ottobre era stato caratterizzato da una piovosità persistente e prolungata, anche se non di elevata intensità e così gli invasi, sia superficiali che profondi, si trovarono a livelli elevati, tali da raggiungere velocemente lo stato di saturazione. A contribuire alle grandi ondate di piena fu anche l’aumento della temperatura, che in quota fece sciogliere le nevi già cadute in abbondanza, aumentando massicciamente le portate dei torrenti. Nell’agosto di quell’anno inoltre si era già verificata un’altra alluvione di notevoli dimensioni, che aveva innestato vari fenomeni di erosione, di franamento e il deposito di notevoli quantità di materiale negli alvei di fiumi e torrenti, modificando le condizioni di scorrimento.
L’ultima grande alluvione era stata quella del 1882, ma in piazza della Portela la lapide a ricordo dell’alluvione dell’82 fu superata di ben 40 cm. Tuttavia se nel 1882 i fiumi trascinavano acqua, legno e fango, nel novembre 1966 si aggiunse la fuoriuscita della nafta dalle cantine allagate, di benzina e gasolio dai depositi di carburante e dai serbatoi dei distributori di benzina. Un lago nerastro e oleoso copriva il settore nord della città, creando seri pericoli di incendi.
Nella Provincia di Trento il valore massimo di precipitazioni venne registrato a passo Cereda, in Primiero, con 485 mm nelle giornate del 4 e 5 novembre. Il settore trentino maggiormente danneggiato appariva infatti quello orientale.
Venti persone morirono, mentre i danni alle cose furono ingentissimi. Una prima stima dei danni, redatta ancora nel mese di novembre, immediatamente dopo gli eventi, quantificò le distruzioni in oltre 50 miliardi di lire al valore di allora. Nel 1882 le zone colpite erano state grosso modo le stesse, i morti 22 e 50 i ponti distrutti dalla furia delle acque.
Il fenomeno interessò tutta l’Italia centro-settentrionale, con esiti più o meno disastrosi. Famose sono le immagini di Firenze, una fra le città più danneggiate, dove il fiume Arno tracimò ed invase tutto il centro storico, o di Venezia, dove si registrò la più alta marea a ricordo d’uomo. Ma ancora danni e inondazioni si ebbero a Grosseto, invasa da una marea di fango, a Udine, a Brescia, a Padova dove migliaia di ettari di campagna vennero allagati dalle acque del Brenta.
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Altrimenti, ti consigliamo questi libri per approfondire. Bibliografia:
- IL TRENTINO NN. 9-10/1966 Copertina flessibile – 1966 di AA.VV.
- I GIORNI DEL DRAMMA – LA GRANDE ALLUVIONE NELLE VALLI TRENTINE IN UN ECCEZIONALE SERVIZIO FOTOGRAFICO – 1966 di FAGANELLO FLAVIO – ROSSI GIORGIO (FOTOGRAFIE DI)
- L’alluvione generale del 4 novembre 1966. – 1967 di GORFER Aldo (Abbiamo già parlato di Gorfer)
- L’autunno del finimondo: trent’anni dall’alluvione in Trentino. – 1996 di AA.VV.
- 1966 alluvione in Trentino: la memoria fotografica. – 2006 di Guido GEROSA – Laura DAL PRA’ – Roberto PAOLI – Marino DEGASPERI.
- 4 novembre 1966. L’alluvione. Racconto e immagini. – 2016 di Luigi Sardi (Abbiamo già parlato di Sardi)
“Novembre 1966. Storia della difesa del territorio in Trentino” è il titolo di una grande e spettacolare mostra alle Gallerie di Piedicastello a Trento. Il visitatore è accolto da un enorme caleidoscopio con immagini che documentano il dissesto idrogeologico tratte da telegiornali di tutto il mondo. Sono immagini forti, disturbanti, seguite da una selva di pannelli che raccontano cosa in Trentino si è fatto per imbrigliare i corsi d’acqua, difendere il territorio e ridurre al minimo il rischio ambientale. Il 1966 è l’anno della grande alluvione che, anche in Trentino, ha portato la sua devastazione, raccontata da una lunga teoria di immagini e filmati rari.
Anche il Primiero, uno dei settori più danneggiati , dedica una mostra all’evento. Ascoltando i racconti di chi ha vissuto l’alluvione, guardando le fotografie dell’evento emerge che il 1966 in Primiero è suddivisibile in due: il “tempo” che ha preceduto l’alluvione e il “tempo” successivo. La mostra attraverso testi e immagini, soprattutto volti, consente di conoscere le dinamiche climatiche, idrogeologiche, sociali ed emozionali legate a un evento che ha cambiato radicalmente il territorio di Primiero e la sua componente umana, la mentalità e l’approccio al territorio, all’economia, alla società. Il percorso documenta gli eventi utilizzando poi la forma comunicativa del video, con montaggi di pochi minuti tratti dalle riprese realizzate da Angelo Longo e Andrea Colbacchini per il progetto “Primiero – novembre 1966 – l’alluvione 50 anni dopo”.
Si intitola “Primiero e lo spartiacque del ’66” la mostra che racconta il territorio prima, durante e dopo la grande alluvione del 1966. Vi sono descritte la fase della ricostruzione e il cambiamento socio-economico intervenuto, scorrono i temi del lavoro e dell’emigrazione, dell’ambiente, dell’allevamento e dell’agricoltura, delle acque, del turismo e dell’edilizia. L’esposizione è arricchita da una cartina che localizza gli accadimenti principali di quei giorni.