Quale impatto ebbero le caratteristiche fisiche dei diversi campi di battaglia sulle strategie belliche e le manovre militari?
In che modo uomini, donne, bambini e vecchi, generali, soldati e prigionieri, operai e contadini, giornalisti, artisti e insegnanti, popolazioni occupate, architetti e turisti interagirono con i paesaggi della guerra?
In quale modo, oggigiorno, lo studio del paesaggio può accrescere la nostra comprensione della storia militare, politica, sociale, economica e culturale del conflitto?
Il suo studio (cartografia, geografia e scienze naturali), ma anche ciò che ne rimane (rovine, tracce, memorie e ricostruzioni), oppure la sua eredità (turismo e patrimonio culturale), o il suo deterioramento (inquinamento): sono i mille modi per declinare il binomio paesaggio-guerra. E che dire dei paesaggi di guerra immaginati, descritti o raffigurati, della diversità riscontrabile tra quelli cittadini e urbani durante e dopo la guerra, oppure della mutazione del paesaggio produttivo (agricoltura e produzione bellica, distribuzione delle risorse, privazioni e conflitti per il cibo)?
Il paesaggio, modificato e a volte sconvolto dalla guerra moderna è, in primo luogo, quello naturale: dalle centinaia di chilometri di trincea del Fronte Occidentale, alle «cittadelle del ghiaccio» del fronte dolomitico, alle migliaia di chilometri di strade realizzate in tutta Europa per far transitare eserciti e armi. Ma anche i paesaggi urbani (le città distrutte dai bombardamenti, evacuate, ricostruite per intero) e i paesaggi mentali dei combattenti, che raccontano i loro itinerari personali dentro la guerra, scrivendo diari di viaggio, fotografando o dipingendo ciò che vedono. Questo multiforme approccio all’esperienza e alle rappresentazioni del primo conflitto mondiale è in grado di restituire al meglio la complessità di una Grande Guerra che fu vissuta non solo da soldati, ma anche da giornalisti e scrittori, artisti e donne, operai e contadini. Ancora di più, permette di comprendere pienamente la dimensione davvero globale della guerra. Il fronte delle montagne giocò un ruolo straordinario nella storia del conflitto, dando origine ad una guerra «differente», eroica e premoderna, che avrebbe a lungo lasciato il segno nella memoria collettiva, e che oggi si riscopre grazie alle moderne tecniche della geolocalizzazione per riscoprire e proporre al grande pubblico i luoghi e gli itinerari di chi combatté. Ma vi furono anche Africa e Medio Oriente, fronti lontani e spesso poco conosciuti, e città che non conobbero mai la violenza del conflitto, come New York o i borghi minerari dell’interno degli USA, e che pure si mobilitarono per la guerra totale e moderna.
Il tema del rapporto tra paesaggi e guerra ha dunque molti aspetti, e tutti meritano di essere approfonditi. Ecco qualche consiglio di lettura:
- Paesaggi di guerra. Memoria e progetto, di A. Prendolo. Quattordici studi dei maggiori esperti italiani sulla valorizzazione dei luoghi della Grande Guerra: forti, cannoniere, trincee, monumenti, cippi, sistemi fortifi cati, teste di ponte e ospedali; forse il libro più completo e vario sulla linea difensiva che andava dal Trentino a Monfalcone.
- Paesaggi di guerra: il Trentino alla fine della Prima Guerra Mondiale, di Camillo Zadra.
- Paesaggi contaminati, di Martin Pollack. Come è possibile vivere in un’Europa dove i paesaggi sono contaminati e avvelenati da innumerevoli massacri messi a tacere?
- Le Alpi, la Resistenza, i paesaggi, a cura di B. Berruti.
- Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla grande guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi, a cura di C. Spadoni. La mostra restituisce la rappresentazione del paesaggio, della cultura e della società italiana dal Risorgimento al primo conflitto mondiale.
- War landscapes-Paesaggi di guerra. Alfredo Macchi, giornalista e fotografo, con questo libro, ci porta dentro l’atrocità, immagine dopo immagine. Le foto, scattate negli ultimi quindici anni, pur appartenendo a diversi paesi tormentati da conflitti estenuanti e sanguinosi, sembrano provenire dallo stesso luogo, perché il dramma che si consuma è uguale ovunque.