Lo spettacolo si concentra su una dimensione privata, intima, di un soldato semplice che trova ad attingere forza nella speranza del ritorno a casa e il collegamento attraverso le lettere è fondamentale per andare avanti giorno per giorno nei lontani monti Carpazi, noti per essere stati uno dei tremendi teatri della guerra di allora.
La moglie, a Bosco, tira avanti meglio che può accudendo i figli e condivide con il marito la stessa speranza di riunirsi un giorno, in pace. La dimensione della guerra qui non traspare dalla violenza delle armi ma da un logorio di fatiche e dallo spettro della fame.
Nel titolo “Aspettando una lettera” è intrinseca l’angoscia come dimensione quotidiana, attesa di una buona notizia, l’unica: che l’amato sta bene. Sullo sfondo la grande storia, subita come ineluttabile. E la pace agognata e lontana: “…spero, pare a sentire, che finise presto…” (ott.1915);”… si credeva che venise presto pace e invece viene pache…“… secondo le chiachere pare finisia presto…” ( aprile 1917)